MOATAZ NASR, WAEL SHAWKY, HALIM AL KARIM, ADEL ABIDIN, NAVID AZIMI SAJADI, NAWRAS SHALHOUB, NIDA SINNOKROT, RAMAZAN BAYRAKOGLU
Tawassol Contact
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OPENING: Sabato, 18 Giugno 2009 – Ore 18.00
18 Giugno 2009 – 22 Novembre 2009
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A cura di GAIA SERENA SIMIONATI
È recente la diffusione a livello mondiale di un virus H1N1, originato da un errore umano che, non solo ha scatenato il terrore del contagio, lo sviluppo della malattia e la consapevolezza della morte, ma mi ha offerto lo spunto per riflettere anche a livello artistico, estetico sulla vicinanza, il contatto al giorno d’oggi e i suoi molteplici, camaleontici significati. Avendo invitato otto artisti del Moyenne orient tra cui due egiziani: Moataz Nasre Wael Shawky, due iracheni: Halim al Karime Adel Abidin, un iraniano: Navid Azimi Sajadi, due palestinesi: Nawras Shalhoube Nida Sinnokrote un turco: Ramazan Bayrakoglu, mi sembrava adatto scegliere un termine forte e camaleontico di matrice farsi-araba.
Essendo poi svariate le ipotesi di contatto, il termine prescelto a più ampio spettro risulta essere Tawassol che, non solo assomma in sé diverse sfumature, ma offre svariate opportunità e molti modi per indicarlo, a seconda del contesto. Ithassal, quando s’inerisce ad una vicinanza geografica o di comunicazione, come per Tawassol. Che è anche collegamento segreto, sotterraneo. Si fa Tawassol nelle moschee, per ottenere qualcosa, per entrare in contatto con l’alto. Quando si prega si contatta e il termine diviene quindi spirituale, indicando un messaggio tra uomo e Dio. Si usa invece Tamas per il contatto epidermico, quando esso è fugace, veloce. Anche sessuale. Il contatto può essere sia fisico che geografico. E diviene Ihtekak quando da esso, dalla vicinanza nasce una frizione, un contrasto.
Il tema proposto, estremamente attuale, è “caldo” soprattutto nelle zone del Moyenne Orient, ma sempre di più anche in Europa dove, la vicinanza con il diverso e l’altro da noi, è spesso fonte di scontri, polemiche, dolore, ma anche arricchimento e scambio. La tematica tocca quindi la riflessione di ciascuno degli artisti coinvolti seppur in sperimentazioni, media e sensibilità estetiche diverse. Il contatto può portare alla malattia, all’amore, alla morte. Come sussurra anche Shakespeare. Da sempre il contatto fa parte dell’uomo che, in quanto animale sociale, non ne può fare a meno.
L’AIDS, i virus, le bombe, la guerra sono tutte conseguenze del contatto a cui l’uomo non sa sottrarsi. Anche nei fenomeni ufologici extraterrestri si parla di contatto. L’astrofisico polacco americano George Adamski creò a fine anni ‘60 un movimento, il contattismo, che indagava sulle forme di avvicinamento da parte di umanoidi verso esseri umani, da altri tacciate come allucinazioni collettive, proiezioni psichiche o autosuggestioni. Allen Hayeck stilò invece una scala dei tipi di incontro dove i contattati, coloro che hanno subito abduction, riportavano un incontro ravvicinato del IV tipo. Il contatto è anche un fenomeno fisico. Nel contatto c’è scambio di calore. Il calore è la manifestazione a livello macroscopico dello scambio di energia da un sistema fisico ad un altro, unicamente a causa di differenze di temperatura. Inoltre il contatto determina una deformazione a carattere permanente o variabile. Questa deformazione comporta su scala microscopica vibrazioni molecolari accentuate per la rottura dei legami di energia che tenevano unita la materia. C’è quindi un aumento della velocità degli atomi, con conseguente produzione di calore. Il contatto determina perciò un surriscaldamento dei corpi. Su questo e sperimentandolo anche nelle proprie mani riflette Nawras Shalhoub, il primo dei due artisti palestinesi che per la prima volta, assieme a Nida Sinnokrot e a Halim al Karim, espone in Italia.
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