GIOVANNI MORBIN
I’ve Got You Under My Skin
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OPENING: Sabato, 19 Novembre 2005 – Ore 18.00
21 Novembre 2005 – 21 Gennaio 2006
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A cura di SIMONE MENEGOI
L’artista italiano Giovanni Morbin (Valdagno, 1956) presenta presso la galleria Artericambi una scelta di opere recenti. Si tratta di un ciclo di dipinti su carta realizzati con sangue umano (“Ritratti”); una grande struttura di acciaio e plexiglas (“Scultura sociale”); uno “Strumento a perdifiato” in vetro e la scultura in ottone “Forza nuova”. Questi due ultimi lavori sono stati creati appositamente per la mostra.
Giovanni Morbin lavora da parecchi anni tra l’Italia, la Slovenia e altri Paesi europei, per lo più in contesti non-profit e di arte pubblica. Le sue opere – azioni, fotografie, oggetti – mettono a fuoco delle relazioni di ordine sia fisico, sia psicologico e simbolico, fra l’essere umano e il mondo circostante: gli altri uomini, gli animali, i vegetali e perfino gli esseri inanimati, in una visione non gerarchica della realtà. I lavori più recenti prendono in esame delle relazioni fra individui, e vedono l’artista come epicentro di queste relazioni. A volte esse hanno già avuto luogo; a volte devono ancora avvenire, e in questo caso le opere sono degli ‘strumenti’ (nel senso letterale di utensili, attrezzi) per innescarle.
Al primo gruppo appartengono i “Ritratti”, una serie di dipinti su carta quasi perfettamente identici, ciascuno commissionato da una persona diversa e realizzato con una piccola quantità del suo stesso sangue consegnata all’artista. La struttura dei dipinti, solo apparentemente astratta, riproduce un dettaglio del tessuto polmonare umano tratto da un manuale medico del primo ’900. “Scultura sociale” e “Strumento a perdifiato” fanno parte del secondo gruppo, quello degli ‘strumenti’ per provocare una relazione e uno scambio. “Scultura sociale” (il titolo è un omaggio all’artista tedesco Joseph Beuys) è composta di moduli in acciaio che possono essere smontati e integrati nel mobilio domestico, predisponendolo ad ulteriori, imprevedibili interventi dell’artista. “Strumento a perdifiato” propone invece un rapporto dello spettatore con se stesso. Si tratta di una specie di boccaglio di vetro che dalla bocca, girando intorno alla testa, va all’orecchio. È stato creato per conferire senso e accettabilità sociale a un’azione di solito considerata deviante: quella di ‘parlare da soli’ – ovvero a se stessi. “Forza nuova” si avvicina di più all’idea tradizionale di scultura. Una verga di ottone lucido terminante a punta, in pratica la materializzazione della traiettoria di una pallottola, si protende minacciosamente dalla parete verso lo spettatore. Il titolo della mostra, I’ve got you under my skin, è un’allusione ironica a questa e alle altre forze che penetrano, con la seduzione o con la violenza, sotto la nostra pelle.
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