STEVEN PIPPIN

Cosmological Convulutions

Steven Pippin, Ω=1, 2006

Steven Pippin, Ω=1, 2006 – Fotografia su alluminio dbond, 106 x 85 cm 

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OPENING:  Sabato, 25 Marzo 2006 – Ore 18.00

25 Marzo 2006 – 20 Luglio 2006

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A cura di ALESSANDRA PACE

Molti ricorderanno le composizioni di macchine da ufficio che copulano virtualmente l’una con l’altra, oppure le sculture fatte d’ingranaggi metallici, che s’ispirano a circonvoluzioni planetarie, e le fotografie, spesso ottenute trasformando oggetti come gabinetti o lavatrici e luoghi quali stanze e corridoi in camere oscure.

Steven Pippin, artista inglese che ha partecipato ad “Aperto” (Biennale di Venezia, 1993), a “Campo” (GAM di Torino, curata da Francesco Bonami, 1996), e che è stato candidato al premio Turner nel 1999, presenta la sua prima mostra personale italiana intitolata “Cosmological Convolutions” (Circonvoluzioni cosmologiche).

Per l’occasione, “Ω=1”, una nuova macchina capace di mantenere una matita in bilico sulla punta, sarà esposta in anteprima il pomeriggio dell’inaugurazione in una sala rinascimentale affrescata dal Morone nel convento di S. Bernardino.
 C’è chi sostiene che le vere opere d’arte del nostro tempo siano rappresentate dai jet, dai treni ad alta velocità, dalle Ferrari, dai telefoni cellulari e da alcuni impianti industriali. Macchine belle come quelle d’oggi non ci sono mai state, tanto belle, da competere con l’arte. Indubbiamente, gli ultimi due secoli testimoniano l’accrescere d’importanza della tecnica, e se pensiamo che per oltre un milione d’anni, cioè duecento volte la storia della civiltà, l’uomo ha utilizzato semplici strumenti in pietra, ci rendiamo conto quanto l’assurgere della tecnologia risulti in una rivoluzione senza precedenti. Di questo è senz’altro conscio Steven Pippin, ingegnere meccanico di formazione, che oltre ad essere affascinato dal processo cognitivo di causa ed effetto, subisce un’attrazione puramente estetica per le macchine con le quali non cessa di misurarsi. Ma le sue macchine sono per la maggior parte dei paradossi o delle aberrazioni in cui elementi estratti dalla cultura tecnocratica dominante sono utilizzati in composizioni libere spinte all’assurdo. Alcune con ingranaggi perfetti come orologi, svolgono funzioni del tutto astruse.

Altre, come “Ω=1”, sono costruite per far in modo che non succeda nulla. In questo caso, che una matita eretta sulla punta, posta su un piano, non cada sotto la forza di gravità. Con una velocità di reazione pari a 20 millisecondi, il marchingegno sottostante corregge continuamente il movimento della matita riportandola nel suo baricentro in posizione quasi fissa. Il risultato è un’opera d’ingegneria Zen, ipnotizzante come un mantra. In un altro lavoro, due fotocopiatrici aperte, i vetri d’esposizione aderiscono l’uno sull’altro, si fotocopiano a vicenda, partorendo fogli di carta grigia che testimoniano sia l’atto impuro che l’eccesso d’informazione, che rasenta il circuito chiuso, fine a sé stesso. Con questa opera l’artista (che si firma Mr. Pippin, Disillusioni Ottiche) getta un alone irriverente sull’immagine pristina e seria del luogo di lavoro aziendale. In tutti i lavori, un umorismo compassato, scaturito dalla dialettica fra estremi, è il filo conduttore.

Steven Pippin, Ω=1, 2006 - Installazione realizzata nella Sala Moroni del Convento di San Bernardino

Steven Pippin, The standard model, 2006 – Installazione realizzata nella Sala Moroni del Convento di San Bernardino

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Steven Pippin, Voi siete qui, 2006 - Stampa su alluminio, 62 x 93 cm

Steven Pippin, Voi siete qui, 2006 – Stampa su alluminio, 62 x 93 cm

(SINISTRA) Steven Pippin, SCRT, 2005 - Fotografia su alluminio dbond, 106 x 85 cm / (DESTRA) Steven Pippin, Longitude 0, 2005 - Fotografia su alluminio dbond, 106 x 85 cm

(SINISTRA) Steven Pippin, SCRT, 2005 – Fotografia su alluminio dbond, 106 x 85 cm / (DESTRA) Steven Pippin, Longitude 0, 2005 – Fotografia su alluminio dbond, 106 x 85 cm

 

Steven Pippin, Laundromat Locomotion, 2005 - Fotografia su carta, 78 x 78 cm

Steven Pippin, Laundromat Locomotion, 2005 – Fotografia su carta, 78 x 78 cm