BRIDGET MOSER
Reference Materials
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OPENING: Sabato, 02 Aprile 2016 – Ore 18.00
Performance Ore 19.30
04 Aprile 2017 – 22 Luglio 2017
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A cura di SIMONE MENEGOI
La galleria Artericambi è lieta di presentare Reference Materials, la prima personale italiana dell’artista canadese Bridget Moser. L’artista presenta una serie di opere realizzate appositamente per la mostra: una performance, che sarà messa in scena all’opening, il 2 aprile alle 19.30, e in seguito presentata sotto forma di documentazione video; un nuovo video; una serie di fotografie ispirate al video stesso. La mostra sarà accompagnata da una brochure con una conversazione fra l’artista e il critico e curatore Simone Menegoi.
“Il suo lavoro si colloca in un’area che sta fra prop comedy, teatro sperimentale, letteratura dell’assurdo, ansia esistenziale, danza intuitiva, trascrizioni dei programmi del Dr. Phil [un popolare psicologo televisivo americano], internet, eccetera”. Sul suo sito web (www.bridgetmoser.com) Moser si presenta così; e, sia pure in sintesi, la descrizione contiene tutti gli ingredienti essenziali della sua complessa formula artistica (a cominciare dallo humour). Formatasi come artista visiva, ma con un background come danzatrice e attrice, Moser è riuscita a coniugare i suoi diversi interessi in una forma di performance che, da selvaggi e imprevedibili sketch di pochi minuti, si è evoluta fino a dar vita a opere dal vivo di complessità e durata di tipo teatrale. Immancabilmente sola in scena, tanto nelle performance dal vivo quanto in quelle concepite per il video, Moser interagisce con oggetti di serie concepiti come supporti e ausili del corpo (sedie ergonomiche, cuscini da viaggio, indumenti sportivi) finché non acquistano lo spessore di veri e propri personaggi – ma solo per voltarle le spalle e abbandonarla proprio quando ha più bisogno di loro. Dialoga con la propria voce registrata saltando freneticamente di argomento in argomento e di tono in tono, come si salta di link in link in una navigazione internet compulsiva. Alterna presunti momenti lirici, accompagnati dalle note melense di successi radiofonici, a bruschi risvegli alla realtà – qualunque sia ciò che intendiamo con questa parola. Se il modo di Moser di giocare con gli oggetti può ricordare Erwin Wurm (ma carico di una dimensione psicologica che è assente dal lavoro dell’artista austriaco), il suo modo di raccontare la società contemporanea, soprattutto quella nord-americana, fa di lei una sorta di Laurie Anderson 2.0, intossicata dal linguaggio del marketing e malata di narcisismo cronico indotto dai social media. E, laddove lo humour della Laurie Anderson degli anni Ottanta era stralunato, ma gentile, quello di Moser è oscuro, contorto, a tratti isterico. Segno dei tempi?
Per la sua prima mostra italiana, Moser presenta una nuova performance, un video e una serie di fotografie legate al video stesso. Con la sua tipica ironia, l’artista descrive la performance, ancora in lavorazione, come “Einstein sulla spiaggia [il capolavoro teatrale del minimalismo americano], ma più sul genere spiaggia”, e anticipa che gli oggetti di scena includeranno “un capanno da spiaggia pop-up, una patetica lampada da lettura, una falsa finestra con veduta sull’oceano”. Il video, ambientato interamente in una camera d’albergo, segna invece il primo esperimento dell’artista di mettere in scena una serie di azioni senza parole, gag impassibili che stanno fra Beckett e le comiche del cinema muto.
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BIO
Bridget Moser (nata nel 1986, vive a Toronto) è un’artista che lavora prevalentemente con la performance e il video. Ha presentato il suo lavoro in numerose gallerie e musei canadesi, fra i quali il National Arts Centre, Ottawa, e l’Art Gallery of Ontario, Toronto; ha esposto in contesti internazionali (New York, Miami, Rotterdam); è stata artista in residenza presso il Banff Centre e la Fondazione Ratti di Como. Nel 2015, su proposta della curatrice Daina Augaitis, Capo curatrice e Direttrice associata della Vancouver Art Gallery, ha vinto il premio William and Meredith Saunderson per artisti emergenti. Il suo lavoro è presente in collezioni canadesi pubbliche e private.
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